Grazie alla sentenza emessa nei giorni scorsi dal Consiglio di stato (n. 7045/2021), i ricorsi al TAR promossi da circa 380 operatori sanitari, dipendenti o libero-professionisti, contro l’obbligo vaccinale dovrebbero essere respinti.
“Vista la sentenza del massimo Giudice Amministrativo, attendiamo a questo punto con estrema fiducia – afferma il Direttore Generale Dott.ssa Maria Letizia Casani – la decisione del T.A.R. Toscana sui ricorsi che riguardano il personale di interesse dell’Azienda USL Toscana Nord Ovest. Le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato ci rafforzano nella convinzione di aver ben operato anche nell’attuazione delle norme sull’obbligo vaccinale nell’interesse della collettività e soprattutto dei soggetti più fragili e della sicurezza delle cure, obiettivi per i quali torno a ringraziare quanti si sono resi disponibili anche oltre gli ordinari obblighi lavorativi”.
“Peraltro – aggiunge il Direttore Sanitario, dott. Luca Lavazza – dei 380 circa originari ricorrenti contro la nostra Azienda, 50 hanno deciso di vaccinarsi, per altri 40 sono state accettate le motivazioni di differimento. Tenendo conto che si tratta anche di soggetti che operano altrove o sul libero mercato, il rifiuto della vaccinazione riguarda una piccola compagine di operatori rispetto ai 14.000 dipendenti aziendali”.
Il personale sanitario si è lamentato, in particolare della non sicura efficacia e sicurezza dei vaccini, ma come sottolinea il Consiglio di stato, l’autorizzazione condizionata rilasciata dall’EMA, «garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità, e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala, e ricordando che tale autorizzazione è stata utilizzata ben 30 volte negli ultimi dieci anni specialmente in ambito oncologico, nessuna delle quali successivamente ritirata per motivi di sicurezza.
Sul piano dell’efficacia poi – continua il Consiglio di Stato – emergono significative evidenze dall’ultimo bollettino sull’andamento dell’epidemia emesso dall’Istituto Superiore di Sanità che attestano che «l’efficacia preventiva è dell’89% nei confronti di una diagnosi di COVID-19 a circa sette mesi dopo la seconda dose» e che «per quanto riguarda i ricoveri in ospedale e i ricoveri in terapia intensiva successivi a diagnosi di COVID-19 si è osservata una efficacia preventiva del 96% e nei confronti dei decessi del 99% a circa sei mesi dalla seconda dose».
Quanto alla «vaccinazione obbligatoria introdotta dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario, essa risponde ad una chiara finalità di tutela non solo – e anzitutto – di questo personale sui luoghi di lavoro…, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il principio di solidarietà, che anima la Costituzione, e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l’esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l’avanzato stato di età), che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza».
Chi ha scelto la strada del ricorso ha censurato l’imposizione dell’obbligo vaccinale anche per presunto contrasto con l’art. 32 della Costituzione e con il diritto di autodeterminazione che esso riconosce alla persona.
Anche sotto questo profilo, il Consiglio di Stato ha affermato che non solo le critiche muovono da un presupposto scientifico errato, ovvero quella secondo cui le vaccinazioni non sarebbero efficaci e sicure, mentre esse non solo sono state autorizzate all’esito di procedure rigorose e di sperimentazioni solide ma, come dimostrano le evidenze più recenti, si stanno dimostrando efficaci sia nel contenimento della malattia, quanto ai sintomi più gravi, che nella diffusione del contagio. Ma poi peccano di astrattezza perché nessun farmaco è a rischio zero e i risultati della sperimentazione clinica condotta in tempi rapidi da numerosi ricercatori, con uno sforzo a livello globale senza precedenti, hanno portato alla conclusione, unanimemente condivisa dalla comunità scientifica internazionale, che il rapporto tra rischi e benefici è largamente favorevole per i soggetti che si sottopongono a vaccinazione.
Secondi i giudici, dunque, l’obbligo vaccinale per chi esercita una professione sanitaria risponde a criteri di ragionevolezza, proporzionalità e uguaglianza. Inoltre, «nel dovere di cura, rientra anche il dovere di tutelare il paziente», quindi evidentemente non sono contemplate «visioni individualistiche e egoistiche».
Il Consiglio di stato ha anche fatto un passaggio sulla trasparenza che, se correttamene perseguita, contribuisce al rafforzamento dei diritti fondamentali e aiuta a stroncare il diffondersi di pseudoconoscenze o di credenze irrazionali.