Identità e territorio sono qualcosa che vanno oltre il marketing fine a sé stesso. La recente vicenda sollevata dalla Pro Loco Saline su “Volterra Città del Sale”, solleva più di un ragionevole dubbio. Da un lato è evidente la cortina fumogena che avvolge gli ultimi decenni, nella narrazione che si è voluta usare, del Sale nel Volterrano. Basterebbe leggersi un libro di Bruno Niccolini, appena scomparso, per capire. Oppure affacciarsi dalla Spalletta dei Ponti, nel vedere le ferite inferte al paesaggio da Solvay. SOS Volterra ha sempre denunciato con forza lo strapotere della multinazionale belga, che adesso sta facendo il bello e il cattivo tempo, di fatto del tutto incontrastata. La nota stonata che però emerge ancor più, anche a seguito della replica da parte dell’Amministrazione, riguarda proprio Saline. Sovraccaricare con un altro brand Volterra, spoliando Saline di Volterra della propria caratteristica identitaria più forte, assieme a quella della strada ferrata, lascia davvero l’amaro in bocca. Le radici sono un fatto serio, delicato, profondo ed un paese che ha fondato la propria identità su una produzione, quella del Sale, che ne ha plasmato la stessa forma e sostanza, non può vedersi relegato in penombra, solo perché Volterra ha bisogno di un tema nuovo da spendere come Città della Cultura Toscana. Anche perché, se si fosse voluto davvero indagare il rapporto tra Volterra, Saline di Volterra ed il Sale nei secoli, non ci sarebbe stata alcuna necessità di andare ad umiliare la frazione, incoronandosi in solitudine come “Città del Sale”. SOS Volterra sente il bisogno di intervenire laddove identità e territorio vengono mortificate, e questo è il caso. Grazie alla Pro Loco di Saline per aver posto un problema importante, all’attenzione di tutti noi.
SOS Volterra